Il regno dei Milwaukee Bucks è finito. I campioni lasciano il trono in gara 7 a Boston, travolti dalla forza di squadra dei Celtics, capace di mettere a nudo tutti i limiti di una squadra che lascia troppo solo il suo fenomeno Giannis Antetokounmpo. Inevitabile pagare dazio dopo l’uscita di scena di Khris Middleton nel primo turno contro Chicago, soprattutto con Boston che sfianca Giannis e fa a pezzi il sogno bis dei Bucks con difesa, triple e la partita della vita di Grant Williams (27 punti con 7 triple). I Celtics vanno con merito a sfidare Miami nella finale a Est che parte domani a casa Heat: sono cresciuti nel corso della serie, mostrando che il 4-0 con cui avevano demolito Brooklyn non era casuale ma la conseguenza di una squadra che ha tutto per puntare in alto. Ai Bucks resta il what if, il cosa sarebbe successo se Middleton non si fosse fatto male. Anche perché Giannis (25 punti, 20 rimbalzi e 9 assist), col solo Jrue Holiday a supporto (21 punti e 8 assist), stava per fare il miracolo.
È Ime Udoka, nell’intervista tv tra terzo e quarto periodo, a svelare il segreto dei Celtics. “La nostra squadra non dipende da un solo giocatore”. E’ la differenza più grande tra Boston e Milwaukee: Tatum può fermarsi per falli (ne aveva 4 a 7’44” dalla terza sirena), ma coach Udoka trova sempre qualcuno a salire di livello. Come Grant Williams: è stato ottimo in difesa su Giannis per tutta la serie, sul palcoscenico più importante della carriera ci ha aggiunto anche le triple che hanno fatto a pezzi i campioni. Ma Boston non è solo un singolo: Tatum (23 punti e 8 assist) per tutto il primo tempo ha retto il confronto con Antetokounmpo, che all’inizio pareva incontenibile; Jaylen Brown (19 punti e 8 rimbalzi) è salito di livello in tempo per la fuga decisiva del terzo quarto; Marcus Smart (11 punti e 10 assist) ci ha messo quell’indispensabile dose di difesa, cattiveria, talento e furbizia che lo rende l’insostituibile anima di questa squadra. È così che Boston ha fatto impazzire il TD Garden, così che ha progressivamente ridotto l’impatto di Giannis sulla partita, così che ha trasformato quella che doveva essere una stagione di transizione in un meraviglioso sogno. Con tutti gli ingredienti per farlo diventare realtà.
Milwaukee abdica perché non è più riuscita a nascondere il suo più grande difetto: la solitudine di Giannis. I Bucks hanno sprecato il match point in gara-6 in casa, ma nella bella, con la sola eccezione di Holiday, hanno ancora una volta lasciato che fosse Antetokounmpo a fare tutta la differenza del mondo. Solo che dopo 4 partite a 40 punti di media, il greco è partito a razzo ed è calato alla distanza, sfiancato dalla difesa dei Celtics e dalla consapevolezza che il destino dei campioni dipendeva da lui. I tentativi disperati di coinvolgere i compagni sono presto diventati vani, gli irresistibili ma fisicamente dispendiosi affondi al ferro si sono trasformati in meno mortiferi tiri dalla media. E i Bucks sono andati giù, nonostante Holiday (che resta una delle stelle Nba più sottovalutate) nel secondo tempo abbia provato a giocare da fenomeno anche in attacco oltre che in difesa. Nella partita decisiva Milwaukee ha pagato l’orribile 4/33 da tre, l’incapacità di difendere sul perimetro (22 triple a bersaglio per i Celtics), difetto cronico di tutta la stagione, e il calo della difesa che non è riuscita a contenere il mostro a più teste in cui si è trasformato l’attacco di Boston. Quello di coach Bud resta un gruppo che anche il prossimo anno lotterà per il titolo, ma questa postseason deve indicare la strada per migliorare. Vero che l’infortunio di Middleton ha cambiato tutto, ma serviranno aggiustamenti per arrivare di nuovo fino in fondo.
Giannis è incontenibile nel primo quarto (c’è il suo zampino su 24 dei 26 punti Bucks) e porta Milwaukee a +10, ma Boston reagisce nel secondo con difesa (Bucks tenuti a 7/21) e triple (9 a bersaglio) e chiude il primo tempo avanti 48-43, con un parziale aperto di 14-6. Sono ancora i tiri da tre a fare la differenza in avvio di ripresa, quando i Celtics scappano sul 68-55 con Williams a 6’18” dalla terza sirena. Milwaukee va in difficoltà perché Giannis cala e i compagni non lo supportano, Boston allunga fino al 76-60 che il solito Williams inchioda da fuori con 2’12” da giocare nel terzo quarto. L’ultimo periodo comincia con i Celtics avanti 79-64: quando a 9’06 dalla fine Tatum dalla lunetta porta il vantaggio a 20 punti (88-68), il match va definitivamente in archivio. Come il regno di Milwaukee sull’Nba. Il sogno di Boston invece continua.
È una vittoria così incredibile che a fine primo tempo Luka Doncic aveva gli stessi punti di tutti i Suns, 27. Così straordinaria che Dallas ha flirtato a lungo con la vittoria più ampia nella storia di una gara 7. Così eccezionale che riporta i Mavs alle finali di conference per la prima volta dal 2011, l’anno dell’unico titolo di franchigia. Nella partita decisiva di una serie, dove finora la squadra di casa aveva sempre vinto hanno, i texani hanno fatto un capolavoro, dominando a Phoenix e guadagnandosi la serie con Golden State da mercoledì per un posto alle Finals. I Suns hanno scelto la partita più importante della stagione per giocare la loro gara peggiore: dopo una regular season dominata, giocando ad un livello nettamente superiore alle altre, escono di scena già in semifinale di conference. Con un’umiliazione pesante da digerire.
Luka ha giocato una partita clamorosa (35 punti, 10 rimbalzi e 4 assist), come spesso gli succede quando il palcoscenico è così importante. Ma non ha vinto da solo. Dallas ha dimostrato proprio questo: di essere speciale. Ha cominciato aggressiva, ha demolito con una difesa straordinaria le certezze dei Suns, che hanno chiuso il primo tempo col 24,4% dal campo. Questione di preparazione, di determinazione, dei meriti enormi che coach Jason Kidd sa gli spettano ma preferisce non prendersi. Ci crede Spencer Diwniddie, straordinaria prima spalla di Doncic da 30 punti, di cui 13 nel secondo periodo in cui lui e Luka insieme hanno fatto quasi il triplo dei punti di Phoenix (28-10). Ci crede Jalen Brunson, 24 punti di cui 22 nella ripresa. Ci crede Reggie Bullock, primo responsabile per la serata orribile di Devin Booker. Dallas adesso non ha nessuna intenzione di fermarsi.
I Suns hanno spento la luce. Irriconoscibili, mai capaci di dare battaglia, di giocare come la squadra che aveva dominato la regular season, che aveva sempre messo sotto Dallas nelle tre precedenti partite al Footprint Center, che ha anche fischiato i giocatori di Monty Williams. Perché questa è una batosta pesante, una partita in cui Phoenix è stata sotto anche di 46. I Suns hanno sbagliato tutto quello che potevano, con Chris Paul ancora una volta incapace di guidare l’attacco e Booker (11 punti con 3/14 dal campo) che non ha mai trovato il modo di reggere il confronto con Doncic. Nella peggior serata della stagione c’è anche il caso DeAndre Ayton, limitato a 18’ per quelli che coach Williams definisce “motivi interni”. La situazione del centro, a cui prima della stagione non è stato rinnovato il contratto, sarà la prima da affrontare se i Suns vorranno riprovarci il prossimo anno. Perché in questa stagione, quella in cui hanno cominciato i playoff da favoriti dopo la miglior regular season della loro storia, hanno fallito.
La partita più importante della serie finisce presto: 27-17 Mavs a fine primo quarto, 57-27 all’intervallo, con i 3 pezzi migliori dei Suns (Booker, Paul e Ayton, che insieme fanno 6 punti e 1/15 al tiro, mentre il ciclone Doncic imperversa con l’aiuto di Dinwiddie. Il riposo non cambia le cose: Dallas domina, Phoenix non reagisce. E così la serie è finita ben prima del 92-50 di fine terzo quarto.
Boston
Celtics – Milwaukee Bucks 109-81 (4-3)
Phoenix Suns – Dallas Mavericks 90-123 (3-4)
Final Conference:
Est: Miami Heat - Boston Celtics
Ovest: Golden State Warriors - Dallas Mavericks
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