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Il basket è uno sport bellissimo, non solo perché,
come dice qualcuno, “è l’unico sport che tende al cielo, per questo è una
rivoluzione per chi è abituato sempre a guardare per terra”.
E’ bellissimo perché sa regalarci delle storie meravigliose, che ci emozionano, forse ancora di più di quando sentiamo frusciare quella retina.
E’ il caso di Giannis Antetokounmpo, ala dei Milwaukee Bucks, attuale sesta forza della Eastern Conference con 28-23 di record e 6 vittorie nelle ultime 7 partite.
Nato ad Atene, il 6 Dicembre 1994, da genitori nigeriani, Giannis vive tutto come un sogno.
Lo stesso che aveva la prima volta che ha messo piede allo Staples Center di Los Angeles, cioè vedere, dal vivo, il suo idolo Kobe Bryant.
Un sogno, quello che tanti ragazzini che giocano a basket conservano nel proprio cuore. Soprattutto quando sei maledettamente povero, quando devi scontrarti con una realtà dura e difficile, allora, di quei sogni, ti ci devi proprio saziare.
“You shouldn’t have to make me a gift so expensive”.
Non dovevi farmi un regalo così costoso, questa la reazione quando il suo (ex?) compagno di squadra Larry Sanders (che avrebbe deciso di smettere col basket per dedicarsi ad altri sport) gli regalò un paio di Gucci.
Forse perchè, a Giannis, gli sono venuti in mente i tempi di Sepolia, quartiere di Atene dove è cresciuto, e dove quelle griffe le vendeva illegalmente, per necessità.
Arrivati dalla Nigeria nel 1992, gli Adetokunmbo (questo il cognome originale della famiglia) hanno vissuto, per 20 anni, da clandestini, tra povertà e razzismo. Oltre a lavorare saltuariamente, Charles e Veronica (i genitori di Giannis) vendevano orologi, borse e occhiali da sole, per strada.
Ad aiutarli anche il piccolo Giannis e il fratello maggiore Thanasis, attuale ala piccola dei Westchester Knicks, in D-League.
Quando Giannis, che non ancora diciottenne, ma già alto 208 cm (ora ha raggiunto i 212 cm, per quasi 100 kg di peso e 223 cm di apertura alare), ha iniziato a giocare a basket nel Filathlitikos (squadra di A2 greca, stagione 2012/2013, 9.5 punti, 5 rimbalzi, 1.4 assist e 1 stoppata di media), venne scelto, con la 15° pick assoluta, al Draft del 2013, ci tenne a ricordare che “c'erano giorni in cui se non vendevamo nulla non avevamo i soldi per la cena. Vivevamo col pensiero che la polizia potesse fermarci ed espellerci dal paese. E' stata dura.”
L'occasione per lasciare Sepolia, spesso anche teatro di episodi di violenza razziale, arriva dal basket: a notare i fratelli “Adetokunbo” è il suddetto Filathlitikos, club da cui Giannis spicca il suo volo, con Dimitris Diamantidis come idolo europeo ed un cognome grecizzato, frutto della tanto sospirata cittadinanza. Da lì, la sua popolarità è cresciuta repentinamente, tanto da fargli firmare un iniziale quadriennale col Saragozza, prima di entrare in ottica NBA, muovendo frotte di scout.
La stagione da rookie, a Milwaukee, gli vede giocare 77 partite, 23 delle quali in quintetto: chiude con 6.8 punti, 4.4 rimbalzi e 1.9 assist di media.
E’ l’anticamera dell’esplosione totale, aiutata anche dagli Europei sloveni del 2013 giocati con la Nazionale di Trinchieri, che avviene quest’anno. Sulle 51 partite attualmente disputate dai Bucks, 41 le inizia nello “starting five” di coach Jason Kidd: 12 punti, 6.5 rimbalzi, 2.4 assist e 1 stoppata di media, con un “career high” da 27 punti contro gli Houston Rockets, lo scorso 7 Febbraio.
In tantissimi l’hanno paragonato a Kevin Durant, per via della struttura fisica e per il futuro più che roseo. Ma lui non si monta la testa, lavora e non dimentica il passato, come quella volta, nel Marzo dello scorso anno. Giannis prende un taxi e si fa portare alla Western Union, nota compagnia di trasferimento di denaro. Arrivato sul posto, manda tutti i soldi che ha a disposizione alla sua famiglia, in Grecia. E per tutto intendo dire TUTTO. Non ha i soldi per prendere il taxi che lo dovrà portare al Bradley Center, e tra un’ora c’è la partita. Problema? Non per lui. Inizia a correre per arrivare in tempo al palazzo, dopo 2 km percorsi a piedi incontra una giovane coppia che lo riconosce. “Ehi, ma tu sei Giannis? Il rookie dei Bucks?” Il ragazzo risponde affermativamente, e rimedia un passaggio in macchina fino al Bradley Center, arrivando in tempo alla partita.
Non so voi, ma a me emoziona. Ladies & gentlemen, GIANNIS ANTETOKOUNMPO.
E’ bellissimo perché sa regalarci delle storie meravigliose, che ci emozionano, forse ancora di più di quando sentiamo frusciare quella retina.
E’ il caso di Giannis Antetokounmpo, ala dei Milwaukee Bucks, attuale sesta forza della Eastern Conference con 28-23 di record e 6 vittorie nelle ultime 7 partite.
Nato ad Atene, il 6 Dicembre 1994, da genitori nigeriani, Giannis vive tutto come un sogno.
Lo stesso che aveva la prima volta che ha messo piede allo Staples Center di Los Angeles, cioè vedere, dal vivo, il suo idolo Kobe Bryant.
Un sogno, quello che tanti ragazzini che giocano a basket conservano nel proprio cuore. Soprattutto quando sei maledettamente povero, quando devi scontrarti con una realtà dura e difficile, allora, di quei sogni, ti ci devi proprio saziare.
“You shouldn’t have to make me a gift so expensive”.
Non dovevi farmi un regalo così costoso, questa la reazione quando il suo (ex?) compagno di squadra Larry Sanders (che avrebbe deciso di smettere col basket per dedicarsi ad altri sport) gli regalò un paio di Gucci.
Forse perchè, a Giannis, gli sono venuti in mente i tempi di Sepolia, quartiere di Atene dove è cresciuto, e dove quelle griffe le vendeva illegalmente, per necessità.
Arrivati dalla Nigeria nel 1992, gli Adetokunmbo (questo il cognome originale della famiglia) hanno vissuto, per 20 anni, da clandestini, tra povertà e razzismo. Oltre a lavorare saltuariamente, Charles e Veronica (i genitori di Giannis) vendevano orologi, borse e occhiali da sole, per strada.
Ad aiutarli anche il piccolo Giannis e il fratello maggiore Thanasis, attuale ala piccola dei Westchester Knicks, in D-League.
Quando Giannis, che non ancora diciottenne, ma già alto 208 cm (ora ha raggiunto i 212 cm, per quasi 100 kg di peso e 223 cm di apertura alare), ha iniziato a giocare a basket nel Filathlitikos (squadra di A2 greca, stagione 2012/2013, 9.5 punti, 5 rimbalzi, 1.4 assist e 1 stoppata di media), venne scelto, con la 15° pick assoluta, al Draft del 2013, ci tenne a ricordare che “c'erano giorni in cui se non vendevamo nulla non avevamo i soldi per la cena. Vivevamo col pensiero che la polizia potesse fermarci ed espellerci dal paese. E' stata dura.”
L'occasione per lasciare Sepolia, spesso anche teatro di episodi di violenza razziale, arriva dal basket: a notare i fratelli “Adetokunbo” è il suddetto Filathlitikos, club da cui Giannis spicca il suo volo, con Dimitris Diamantidis come idolo europeo ed un cognome grecizzato, frutto della tanto sospirata cittadinanza. Da lì, la sua popolarità è cresciuta repentinamente, tanto da fargli firmare un iniziale quadriennale col Saragozza, prima di entrare in ottica NBA, muovendo frotte di scout.
La stagione da rookie, a Milwaukee, gli vede giocare 77 partite, 23 delle quali in quintetto: chiude con 6.8 punti, 4.4 rimbalzi e 1.9 assist di media.
E’ l’anticamera dell’esplosione totale, aiutata anche dagli Europei sloveni del 2013 giocati con la Nazionale di Trinchieri, che avviene quest’anno. Sulle 51 partite attualmente disputate dai Bucks, 41 le inizia nello “starting five” di coach Jason Kidd: 12 punti, 6.5 rimbalzi, 2.4 assist e 1 stoppata di media, con un “career high” da 27 punti contro gli Houston Rockets, lo scorso 7 Febbraio.
In tantissimi l’hanno paragonato a Kevin Durant, per via della struttura fisica e per il futuro più che roseo. Ma lui non si monta la testa, lavora e non dimentica il passato, come quella volta, nel Marzo dello scorso anno. Giannis prende un taxi e si fa portare alla Western Union, nota compagnia di trasferimento di denaro. Arrivato sul posto, manda tutti i soldi che ha a disposizione alla sua famiglia, in Grecia. E per tutto intendo dire TUTTO. Non ha i soldi per prendere il taxi che lo dovrà portare al Bradley Center, e tra un’ora c’è la partita. Problema? Non per lui. Inizia a correre per arrivare in tempo al palazzo, dopo 2 km percorsi a piedi incontra una giovane coppia che lo riconosce. “Ehi, ma tu sei Giannis? Il rookie dei Bucks?” Il ragazzo risponde affermativamente, e rimedia un passaggio in macchina fino al Bradley Center, arrivando in tempo alla partita.
Non so voi, ma a me emoziona. Ladies & gentlemen, GIANNIS ANTETOKOUNMPO.
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