Quando Steven Adams segna il potenziale tap in della vittoria, tutti i Thunder esultano tranne Durant e Westbrook. I più vicini all’azione, forse, avevano già capito tutto. Gli arbitri la riguardano, annullano (giustamente) e i canestri decisivi diventano quelli di Raymond Felton e Wes Matthews (fondamentale in difesa su KD#35), eroi di una Dallas che risorge dalle ceneri del -38 in gara 1 e porta la serie in Texas sull’1-1. Approfittando della peggior serata in carriera di Durant, da 7 su 33 al tiro: le 26 conclusioni sbagliate in una partita di playoff sono un record negativo che lo accomuna a Michael Jordan. “Una brutta serata. Vorrei non fosse mai capitata, ma fa parte del gioco. Ho avuto tiri aperti e li ho sbagliati”. Come quelli, negli ultimi due minuti, che avrebbero dato il sorpasso ai Thunder, prima sull’81-81 e poi, dall’arco, sul -2. I Mavs, che non tirano bene (42%, con Nowitzki da 7/19) ma concedono appena il 33.7% all’attacco dei Thunder, con Westbrook fermo a 8/22 e irretito sin dal pre gara da Villanueva e Anderson, rei di aver interrotto il suo balletto con Payne. In un match di piccoli parziali, da 10 situazioni di parità e 17 sorpassi, con effimeri +8 come massimo vantaggio per entrambe le squadre, i Mavs hanno avuto il merito di partire con il piede giusto, soprattutto grazie a Deron Williams, in forte dubbio per uno stiramento addominale prima di metterne 11 dei suoi 13 nel 1° quarto, aprendo la strada a Raymond Felton, 21 punti e 11 rimbalzi, con il lay-up dell’81-83 a 28” dalla fine decisivo quanto quello di Matthews del +4, dopo aver strappato palla dalle mani di Durant. Sul +1, dopo la seconda tripla di Durant (su 11 tentativi), Felton sbaglierà due liberi sanguinosi a 7” dalla fine, una pezza la mette anche il rookie Justin Anderson, che vola a deviare quel tanto che basta l’appoggio di Durant. Rendendo necessari due tap in: quello buono, di Adams, arriva fuori tempo massimo. Dallas è viva.
I Warriors sono in campioni in carica per un motivo. Anche senza Curry, rimasto precauzionalmente a riposo per la distorsione alla delicata caviglia destra infortunata in gara 1, battono Houston all’Oracle Arena. I Rockets ci hanno regalato almeno una partita, ma i californiani hanno vinto con margine, nonostante la serata no di Barnes e un Green meno scintillante del solito in attacco. Thompson, un Iguodala mostruoso e Livingston hanno schiacciato le ambizioni dei texani, più efficienti in attacco rispetto all’ultimo precedente, ma sempre inadeguati in difesa, Harden in testa. Gara 3 giovedì nella città della Nasa.
Steph si riscalda prepartita, ma poi interrompe prima del solito la sua routine. Il no da probabile diventa presto ufficiale, nonostante Kerr avesse tenuto la porta aperta al suo impiego sino all’ultimo. Ma non ha senso rischiare: giusto preservarlo, che i playoff dei Warriors saranno verosimilmente lunghi.
11-6 Warriors al primo time out. Harden viene bevuto come una Dr Pepper da Barnes per la schiacciata. E se la prende con Howard che non ha aiutato. Superman risponde picche. Chimica di squadra non da filmone hollywoodiano in casa Rockets. Intanto il pubblico dell’Oracle Arena imputa a Beverley l'assenza di Curry (e il biglietto qua non va via proprio gratis) per cui partono i “buu” ogni volta che tocca palla o anche solo è nominato dallo speaker. Iguodala, in versione Mvp delle ultime Finals, manda a bersaglio tre triple, ma Josh Smith ripaga con la stessa moneta: 3/3 da dietro l’arco dei 3 punti per l’ex Clippers. E poi la tripla di Ariza sulla sirena vale il 30-33 dopo 12’. Texani a contatto. Harden invece trasforma contatti in cadute spettacolari, come nemmeno Inzaghi ai vecchi tempi su campi da calcio. Ma Thompson replica, responsabilizzato dall’assenza di Curry. È lui la prima opzione offensiva dei gialli della Baia, stasera. E non ne è per nulla spaventato, chiuderà con 34 punti. La difesa (?) di Houston ha concesso 66 punti all’intervallo ai Warriors senza Curry. Ma Harden ha tirato 13 liberi, segnandone 12 (per il resto ha spadellato 2/8 dal campo evitando ogni tipo di contatto fisico col suo avversario da marcare, manco fosse un appestato) per cui i Rockets sono sotto solo di 8 punti: 66-58. E abbiamo una partita, con l’Mvp a bordocampo. 20 punti per Thompson, 14 per un maestoso Iguodala dalla panchina. Harden con 16, appunto. Bieckerstaff prova ad attaccare Green con Motjieunas in post basso a inizio ripresa: tattica discutibile che non funziona per niente. Bogut e Howard si scambiano schiacciate. Livingston dà una mano a Thompson in attacco, ma Terry replica. Houston appiccicata a -3 e con la tripla di Ariza che fa in & out, beffarda. I piazzati di Speights firmano l’allungo per l’86-79 a fine 3° quarto. Terry, infinito a 38 anni suonati, riporta i suoi ancora a -3. Ma Golden State accelera ancora e Bickerstaff trova il modo di farsi affibbiare un fallo tecnico nel momento meno opportuno. +13 Warriors in un baleno, cavalcando un 10-0 di parziale firmato Thompson-Livingston. Howard saluta tutti in anticipo con 6 falli, dopo aver perso il duello con Bogut. La partita, come è giusto che sia, la chiude Iguodala, autore di un primo tempo portentoso sui due lati del campo. I Guerrieri fanno paura persino senza il capobranco.
Oklahoma City Thunder - Dallas Mavericks 84-85 (1-1)
Golden State Warriors - Houston Rockets 115-106 (2-0)
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