mercoledì 23 maggio 2018

Western Final Conference, gara 4: impresa Rockets! Sbancata Oakland e pareggio nella serie!


A 10'46" dalla fine, Houston sembrava spacciata. Sotto di 12, alla Oracle Arena contro i Warriors che in casa, nei playoff, non perdono dalle Finals 2016. Su un parquet dove non solo i Rockets, nella loro storia, non avevano mai vinto nei playoff, ma nemmeno erano stati in vantaggio nel 4° periodo. In quegli ultimi 10’46", col rischio concreto di finire sotto 3-1, Houston ha dimostrato di essere una squadra da battaglia, di saper soffrire, che la l’ossessione sui cui è stata costruita, battere i Warriors, non è utopia ma una vera possibilità. Houston pareggia le finali a Ovest sul 2-2 prendendosi gara 4, una vittoria tutta grinta su cui, più che di James Harden e dei suoi 30 punti, c’è lo zampino di Chris Paul e di una difesa capace di zittire i Warriors concedendo loro appena 12 punti e il 3/18 dal campo negli ultimi 12'.
Golden State ha pagato l’assenza per infortunio di Andre Iguodala, rimpiazzato in quintetto da Kevon Looney (gara più anonima di questi suoi ottimi playoff), e la botta al ginocchio sinistro che ha mandato fuori giri Klay Thompson (10 punti e 4/13 al tiro). Ma il crollo del 4° periodo non è da Warriors, con quegli errori in serie al tiro, comprese le ultime 9 triple tentate, quell’incapacità di trovare da Steph Curry (28 punti, 17 dei quali in un terzo periodo da alieno), Kevin Durant (27 punti ma 9/24 al tiro) o dalla grinta di Draymond Green (11 punti, 13 rimbalzi e 8 assist) il colpo per sbloccarsi. 
Più Golden State sbandava, più Houston stringeva i denti. D’Antoni ha accorciato la rotazione a 7 uomini, tenendo solo Eric Gordon e Gerald Green dalla panchina e chiedendo ai suoi titolari di fare la differenza. Harden ha giocato il miglior primo tempo della sua carriera, dominante sia in attacco (24 punti) che in difesa (3 recuperi e 2 stoppate) poi si è spento lentamente. Ci ha pensato Paul, irresistibile con i suoi 27 punti, a prendere per mano i Rockets, lanciati dalla grinta inesauribile di PJ Tucker (16 rimbalzi) e dalla difesa di Trevor Ariza. Houston aveva bisogno di una partita così, di reagire come una squadra che ha vinto 65 partite deve fare, affidandosi alle sue stelle e alla voglia di lottare di una squadra affamata per fare la differenza.
Il 12-0 da cui partono i Warriors tramortirebbe chiunque. Non Houston, che dopo aver sbagliato i primi 8 tiri trova da Harden i punti per reagire e poi quelli per ribaltare tutto con un parziale di 16-2 che Paul chiude con la tripla del 53-43 a 53" dall’intervallo, culmine di un secondo quarto in cui Harden e CP3 da soli mettono 29 punti contro i 18 di Golden State. Steve Kerr si gioca il carico pesante, quel 3° quarto in cui i Warriors triturano tutto e tutti: Curry infila 17 punti con 5 triple nel devastante 34-17 che fa da prologo all’82-70 firmato Livingston a 10’46” dalla sirena. Anziché arrendersi, Houston tira fuori gli attributi: quelli di Paul, di Tucker, di Ariza, che mentre bloccano Golden State ispirano anche il parziale di 21-4 che Gordon completa coi liberi del 91-86 Rockets a 3'30" dalla fine. Curry prova a riaccendere i Warriors, che però sbagliano triple in serie dall’arco. Draymond Green ricuce sul 94-92 Houston, dalla lunetta, con 37" da giocare, ma i Rockets tengono duro anche quando Curry, con spiccioli di secondo sul cronometro, spara sul ferro la tripla della disperazione. 2-2, giovedì notte, al Toyota Center, comincia un’altra serie. 

Golden State Warriors - Houston Rockets 92-95 (2-2)

Warriors: Curry 28 punti, Durant 27 punti
Rockets: Harden 30 punti, Paul 27 punti

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