Houston Rockets - Golden State Warriors 131-116 (2-3)
I Rockets sfoderano la miglior prestazione dei loro
playoff. Dimostrano urgenza, persino disperazione. Segnano 40 punti già nel
primo quarto di una partita che dovevano vincere per forza per non andare in
vacanza e che dominano, avanti anche di 31 punti. Segnano 107 punti nei primi
tre periodi dopo non aver superato i 106 nelle quattro gare precedenti.
Finalmente l’attacco dei texani funziona: chiudono con 131 punti, addirittura.
E i Warriors? Saltano un giro, si prendono una partita di bonus, sostanzialmente.
Quando vedono che le cose non girano per il loro verso i veterani dei Dubs
pensano a risparmiare le energie per Gara 6, a San Francisco. La loro panchina
invece lotta e quasi riapre la partita, costringendo Coach Udoka a rimettere
dentro i titolari. Poi si scatena la solita mezza rissa ricorrente in questa
serie, fisica e tra due squadre che si detestano, comunque i Rockets non
rischiano mai nulla, con Fred Van Vleet e Amen Thompson che fanno un
figurone.
A senso unico. Houston tira col 55% dal campo. Steve Kerr toglie Steph Curry
(13) e Jimmy Butler (8) - che chiudono con soli 21 punti “di coppia” - già sul
64-93. Fuori tutti i grandi nomi, restano a battagliare le riserve ospiti che
tornano sul -13 trascinate da Moses Moody. Udoka ributta dentro i titolari per
non correre rischi, Jackson-Davis spintona Alperen Sengun, si scatena una mezza
rissa. Pat Spencer viene espulso per la mini testata al turco, Jackson-Davies e
Sengun beccano un tecnico ciascuno. E i Rockets ristabiliscono l’ordine nel
punteggio, tenendo a distanza i panchinari di Coach Kerr. Si va a Gara 6, a
campi invertiti.
Los Angeles Lakers - Minnesota Timberwolves 96-103 (1-4)
Il tonfo dei Lakers è di quelli che fanno rumore.
Rovinoso. Gara 5 li scopre impreparati. Nudi, persino. Senza lo straccio di un
lungo di ruolo vengono spazzati via a rimbalzo 37-54, Minny ne tira giù
addirittura 18 in attacco. Gobert registra il suo massimo in carriera di punti
ai playoff, 27 e ci mette 24 rimbalzi di contorno. Julius Randle si dimostra
valore aggiunto rispetto a Towns, inarrestabile con 23 punti, marcato da Doncic
perché i Lakers non hanno nessuno abbastanza grosso da mettergli contro. Le
responsabilità di Rob Pelinka, il General Manager, sono gigantesche come la
batosta subita dai californiani. Minny non gioca neppure particolarmente bene,
tira 7/47 da 3 punti, ma è meglio allenata da Coach Finch che ha l’esperienza
che JJ Redick da esordiente non può esibire, e un organico più equilibrato.
Doncic e James vanno a sprazzi, entrambi acciaccati dopo aver sbattuto contro
la difesa fisica di Donte DiVincenzo. E Austin Reaves incappa nella peggior
partita della sua stagione proprio quando contava di più. Questi Lakers non
avevano proprio scampo, così. I Wolves sono in salute, mina vagante dei
playoff. Poco raziocinio, però grandi atleti, con enorme fisicità. Contro i
Lakers è bastato.
Finney-Smith in quintetto al posto di Hayes. Randle parte forte, si rivede il
tedesco Maxi Kleber dopo 43 gare d’assenza (piede destro rotto). I Lakers sono
nervosi, i Wolves dominano a rimbalzo e salgono 29-15 sulla schiacciata di
Gobert. 31-22 dopo i primi 12’: LeBron e Doncic con appena un canestro
combinato dal campo. Una “trenata” di James riporta i Lakers a -3, poi 1’ prima
dell’intervallo Doncic va in spogliatoio tenendosi la schiena dopo un fallo
duro subito da DiVincenzo. 59-49 Wolves all’intervallo e Crypto.com Arena
ammutolita. I Lakers sono improvvisati in attacco e troppo piccoli sotto
canestro in difesa. Los Angeles resta in partita perché da fuori gli ospiti non
fanno mai canestro e Ant Edwards ha una serata storta al tiro, così la tripla
di Finney-Smith vale il primo vantaggio Lakers sul 78-77. 13 punti per Luka nel
3° periodo che Minny chiude avanti 81-80. Poi è LeBron a zoppicare dopo un
fallo subito da DiVincenzo. Non molla e in qualche modo i Lakers forzano la volata.
Sul 97-94 per Minny il “vecchio” Mike Conley segna la tripla dall’angolo, il
tiro della partita. Lupi avanti, Lakers in vacanza.
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